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Solidarietà e sostenibilità: il Madre, un museo per il XXI secolo

Intervista con Laura Valente, presidente della Fondazione Donnaregina

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Published: 27 lug 2020
“L’opera d’arte contemporanea per essere protagonista ha bisogno di luce e spazi”, dice Laura Valente, presidente della Fondazione Donnaregina che gestisce il museo Madre di Napoli. Luce e spazi, due elementi che bisogna concepire come “delle partiture in chiaroscuro”. Valente sottolinea che “la luce, per un museo d’arte contemporanea, non è importante: è fondamentale. L’illuminazione spesso rappresenta tre quarti del lavoro, perché se sull’opera d’arte arriva il raggio di luce giusto, dalla prospettiva giusta, hai scenografato una stanza intera.”
 
Solidarietà e sostenibilità: il Madre, un museo per il XXI secolo

Senza titolo, Mimmo Paladino, 2006

L’illuminazione spesso rappresenta tre quarti del lavoro, perché se sull’opera d’arte arriva il raggio di luce giusto, dalla prospettiva giusta, hai scenografato una stanza intera
“Madre” è appunto acronimo di Museo d’arte contemporanea Donnaregina, ente in house della Regione Campania, ospitato nell’ottocentesco Palazzo Donnaregina, in pieno centro storico a Napoli. Inaugurata nel 2005, la sede è stata restaurata e trasformata grazie all’intervento dell’architetto portoghese Álvaro Siza Vieira e oltre ai tre piani dedicati alle esposizioni comprende una biblioteca, una mediateca, un’area condivisa tra libreria e caffetteria, e due ampi cortili. Nella collezione annovera opere di alcuni tra i più importanti artisti italiani e internazionali a cavallo tra il secolo scorso e l’attuale: Jeff Koons, Anish Kapoor, Mimmo Paladino, Damien Hirst, Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Michelangelo Pistoletto, Richard Serra, Robert Rauschenberg.

Alla centralità dell’illuminazione non può che corrispondere un’alta considerazione per chi la progetta: “Oggi in un museo d’arte contemporanea il lighting designer è una figura artistica e necessaria, come lo è in un teatro di prosa o in un teatro lirico. Al Madre, molte delle mostre che abbiamo fatto hanno avuto per lighting designer un maestro assoluto come Cesare Accetta”.

Per riflettere sul tema si può pensare alla collezione site specific del Madre, cioè alle opere concepite appositamente per occupare le sale al primo piano del museo. Realizzare un’installazione destinata a restare sempre nello stesso luogo significa valutare l’illuminazione di quest’ultimo e se necessario modificarla in funzione dell’opera (o il contrario, più raramente): che le facciano gli artisti o lighting designer, sono scelte che influenzano la percezione dell’opera d’arte e quindi, in una certa misura, sono davvero scelte artistiche.

Alcune sale del Madre ricevono molta luce naturale, almeno ad alcune ore del giorno, mentre altre non hanno finestre e sono illuminate da sole fonti artificiali. Per farsene un’idea, il modo migliore è ovviamente visitare il Madre di persona, ma, qualora non si potesse, si può approfittare di alternative digitali come la passeggiata virtuale su Street View e la pagina del museo su Google Arts & Culture.
 
Solidarietà e sostenibilità: il Madre, un museo per il XXI secolo

Ave Ovo, Francesco Clemente, 2005

Tra le sale site specific, Valente prende a esempio quella che ospita Ave Ovo di Francesco Clemente: un pavimento in maioliche e un affresco di proporzioni monumentali, articolato in due sale e su due piani del museo; un’opera che ripercorre luoghi e simboli antichi e moderni della città di Napoli. “La luce”, spiega Valente, “è nella scelta dei colori, delle mattonelle, dei vetri e del pavimento, che praticamente è un campo di calcio. Ma di questo ti accorgi solo da una certa prospettiva, perché la luce sulle mattonelle è completamente diversa a seconda dell’ingresso da cui entri tra i tre che danno sulla sala”.

L’illuminazione artificiale invece non può che sollevare il tema della sostenibilità: “è un mio pallino”, dice Valente. “Quando sono arrivata al Madre [nel 2018, ndr] ho trovato che si poteva ancora fare molto in termini di efficientamento energetico, e bisognava farlo; ce lo dice il nostro tempo e ce lo impone il rispetto per i finanziamenti pubblici”. Ma il discorso non si limita alla luce: “tutti i comparti della vita del museo vanno approcciati con sensibilità artistica e vocazione sostenibile. Dopo l’estate lanceremo il programma delle nostre grandi mostre, con un occhio al mondo che sta cambiando”, prosegue, “e la collettiva di dicembre curata dalla direttrice Kathryn Weir sarà dedicata proprio al pensiero ecologico, all’arte che nasce da un sistema sostenibile e agli artisti che di questo hanno fatto la propria ragione poetica e creativa”.
 
Solidarietà e sostenibilità: il Madre, un museo per il XXI secolo

Due visitatrici osservano Dark Brother di Anish Kapoor (foto: Amedeo Benestante)

Un esempio recente di iniziativa all’intersezione tra sostenibilità e solidarietà è il playground di Temitayo Ogunbiyi: “i bambini ci giocano ma è un’installazione d’artista, ed è fatta con materiali riciclati. È stata realizzata grazie a un circuito virtuoso di economia circolare”. Al principio dell’economia circolare – e allo spirito del tradizionale caffè sospeso napoletano – è ispirata anche l’iniziativa dell’allestimento solidale: “tutti gli allestimenti che verranno smontati al Madre”, spiega Valente, “verranno donati a imprese culturali, cooperative, associazioni, piccoli musei della Regione Campania che non possono permetterseli e che attualmente sono chiusi proprio per questo motivo. La prima donazione è andata all’ex municipio di Orta di Atella, edificio che era stato confiscato alla camorra; riconvertito in museo, aveva aperto per un giorno ma poi era stato vandalizzato, sempre dalla camorra. Noi lo riapriremo con gli allestimenti del Madre”.
 

Un avvistamento inaspettato: Dries Mertens, calciatore del Napoli, durante il lockdown.
Il video fa parte di Intervallo, Napoli, 2020: diario di una città sospesa di Eduardo Castaldo

Durante il lockdown, il Madre ha aderito alla campagna nazionale #iorestoacasa in più di un modo. Ha lanciato Madre door-to-door, “un programma digitale, articolato in tre filoni principali sul sito e sui canali social del museo, che porta l’arte a domicilio” con contenuti inediti e materiali dalla collezione permanente e dalle mostre temporanee. Ha esteso una call agli artisti perché reinventassero alcune parole e temi chiave del momento, tra cui vicinanza/distanza, casa, isolamento, comunità, quarantena, famiglia, relazioni, e altre ancora. Sui canali social del museo, Eduardo Castaldo ha ripreso lo storico format Rai Intervallo e lo ha reinterpretato come un diario quotidiano del lockdown composto da fotografie e clip video inedite.

“Alla riapertura, il 18 maggio, ci siamo detti: possiamo mai, con la consapevolezza di tutto quello che è accaduto, fare finta di niente e riprendere da dove avevamo lasciato? Non era possibile”, dice Valente, “perché un museo d’arte contemporanea si deve interrogare su ciò che gli accade attorno; dev’essere la cartina di tornasole del suo tempo; con i suoi strumenti specifici, deve provare a dare delle risposte al dato di cronaca. In questo periodo ancora di più. E allora abbiamo pensato di organizzare la Factory 2020, all’interno di un progetto di due anni che si chiama Madre per il sociale”. E così, durante tutta l’estate, la sala grande di Piazza Madre e i due cortili del museo saranno animati da laboratori e attività gratuite per adulti e bambini, pensate e realizzate da artisti; un programma dedicato, nel centenario della sua nascita, a Gianni Rodari e alla sua “grammatica della fantasia”.