Scienza e poesia vanno a braccetto nella divulgazione di Stefano Mancuso: semplici ed evocative, le metafore che usa per illustrare la vita delle piante danno al lettore e all’ascoltatore profano l’impressione che il mondo vegetale dischiuda finalmente i suoi segreti.
Certo, è una sensazione ingannevole: Mancuso sa parlare di botanica in modo accessibile proprio perché non è un profano. Docente di arboricoltura generale ed etologia vegetale all’Università di Firenze, Mancuso è membro dell’Accademia dei Georgofili, membro fondatore della Société internationale pour le signalement et le comportement des plantes e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale. La sua attività di divulgazione passa per
conferenze e libri di successo come
La nazione delle piante,
La pianta del mondo e
L’incredibile viaggio delle piante (tutti e tre editi da Laterza).
Inoltre, ha collaborato con diversi artisti alla realizzazione di installazioni, in Italia e non solo. La più recente è
Cerimonia, nata su impulso di Edoardo Tresoldi e realizzata a Bologna, in un’area di 4600 mq che da quasi dieci anni versava in stato di abbandono. L’opera è una struttura alta 5,3 metri in rete metallica, materiali e terra reperiti nel sito, pensata per dialogare con i fenomeni biologici dell’area. Nel corso del tempo, infatti, la vegetazione sta ricoprendo l’installazione, ridefinendo le forme dell’architettura. Un dialogo tra linguaggi che rappresenta una strada in più per Mancuso per esplorare le connessioni tra mondo vegetale e umano. Lo abbiamo intervistato per approfondire i diversi livelli della sua attività scientifica.
Una introduzione video a Cerimonia di Edoardo Tresoldi in collaborazione con Stefano Mancuso
In quanti modi la luce influisce sulla vita e sul comportamento delle piante?
La luce per le piante è nutrimento: potremmo dire che le piante mangiano la luce. È talmente fondamentale, la luce, che tutta l’organizzazione della pianta è costruita per ricevere la maggiore quantità possibile di luce o per rispondere alla mancanza di essa, per sfuggire all’ombra. Attraverso questa miracolosa reazione che si chiama “fotosintesi”, che appunto prende la luce e la trasforma in materia, le piante sono di fatto il legame che unisce la Terra al Sole. Il Sole è l’unica fonte energetica del nostro sistema; tutta l’energia che abbiamo nel sistema solare viene dal sole. Le piante prendono questa unica e prima fonte di energia luminosa, la trasformano in energia chimica, che è quella che noi mangiamo. Di fatto le piante mangiano luce e la trasformano in cibo anche per noi.
Il senso comune ci dice che alcune piante “cercano” la luce: per esempio, i girasoli o gli alberi nei boschi. Ma come possono cercare la luce senza vederla?
Le piante percepiscono perfettamente la luce; sono fra gli esseri più sensibili alla luce. Hanno una visione che chiameremmo primitiva: riescono a vedere degli abbozzi di forma, riescono a distinguere il pieno dal vuoto, e soprattutto – in questo sono molto migliori di noi – riescono a percepire tutte le diverse lunghezze d’onda della luce e a dirigersi verso quelle che hanno la potenza energetica migliore.
La luce per le piante è nutrimento: potremmo dire che le piante mangiano la luce.
La modernità delle piante: sensibilità e intelligenza senza cervello,
conferenza di Stefano Mancuso alla Festa di Scienza e
Filosofia di Foligno (PG)
Anche il buio ha un ruolo, nella vita delle piante?
Una pianta è un essere vivente bipartito: c’è una parte che vive sopraterra – le foglie, i fiori, i tronchi – e cerca la luce, e una parte sottoterra – le radici – che ha la stessa massa della parte superiore ma che invece sfugge alla luce. Anche le radici sono piene di fotorecettori, però vengono utilizzati per allontanarsi dalla luce. In una pianta ci sono il bianco e il nero, lo yin e lo yang.
Le piante hanno un proprio ritmo circadiano; cosa succede quando questo ritmo viene sconvolto?
Le piante hanno cicli di riposo e di veglia, come noi. Oggi si sta addirittura valutando se possiamo parlare di vero e proprio sonno, nelle piante; cosa che è molto complessa, perché il sonno richiede tutta una serie di parametri. Per capirci, una delle caratteristiche del sonno è che ogni specie ha la sua particolare posizione: il cavallo dorme in piedi, la mucca di fianco, l’anatra mette la testa sotto l’ala, e così via. La stessa cosa accade nelle piante: ci sono specie che hanno una posizione e specie che ne hanno un’altra: alcune si arrotolano, altre abbassano le foglie, altre le alzano. Poi gli individui giovani dormono più degli individui anziani, nelle piante come nell’essere umano. Poi c’è il jet lag: se cambio ritmo di colpo, ci metto dei giorni per abituarmi al nuovo ritmo, e la stessa cosa accade alle piante. Se le si espone a un ritmo giorno-notte sfasato di alcune ore rispetto al solito, impiegano alcuni giorni prima di adattarsi. E se si priva una pianta del riposo per un lungo periodo, come avviene a noi umani, la pianta muore.
The Florence Experiment, di Carsten Holler in collaborazione con Stefano Mancuso
Prima di Cerimonia aveva già lavorato altre volte con artisti?
Ho collaborato molte volte con artisti contemporanei: la prima fu con Carsten Höller, con cui facemmo una meravigliosa installazione a Palazzo Strozzi a Firenze che si chiamava
The Florence Experiment. Fu un successo straordinario, fu visitata da oltre ottantamila persone – una cosa incredibile, per l’arte contemporanea. Mettemmo degli enormi scivoli all’interno del cortile del palazzo; alcune persone scendevano lungo questi scivoli con una piantina di fagioli in mano, altri senza, e a volte facevamo scendere le piantine senza persone. Poi in laboratorio studiavamo cosa era accaduto alle persone e ai fagioli quando scendevano da soli o insieme. Un’esperienza straordinaria. Poi ho lavorato con Thijs Biersteker, artista olandese: abbiamo fatto un’installazione alla Fondazione Cartier, a Parigi, che si chiamava
Nous les Arbres. E poi appunto ho collaborato con Tresoldi.
Per Cerimonia, Tresoldi le ha proposto un progetto che aveva già in mente?
Sì, aveva già un progetto in mente e ne abbiamo discusso. Oggi sta diventando fondamentale per gli artisti iniziare a collaborare con gli scienziati. Ci sono molte residenze tra le più prestigiose al mondo che sono fatte per coppie: l’artista e lo scienziato immaginano insieme cosa fare. A me piace molto questo modo di procedere. Sono uno scienziato puro e ho pubblicato oltre 300 articoli scientifici sulla vita straordinaria delle piante, che però sono letti soltanto dai cinque o sei miei colleghi nel mondo che si occupano delle stesse cose. A un certo punto mi sono rotto le scatole di questa cosa, perché fino a quando la scienza rimane nei laboratori non serve a nulla, e l’arte invece – anche se gli artisti non vogliono sentir parlare di “messaggio” – trasporta sempre un messaggio.
Symbiosia di Thijs Biersteker in collaborazione con Stefano Mancuso
Faccio un esempio: nella mostra di Carsten Höller, il fatto che scendevi con una piantina in mano era un messaggio fondamentale per farti capire che quell’essere che ti portavi dietro aveva le tue stesse sensazioni, provava paura a scendere così vorticosamente, preferiva stare da sola o in compagnia. Di quelle 80mila persone che hanno visitato The Florence Experiment, molte mi scrivono ancora, dicendo che ha cambiato completamente la loro visione del mondo vegetale. E siccome io oggi ritengo che vedere le piante sia fondamentale, per la sopravvivenza della nostra specie, perché il problema ambientale lo si risolve con le piante, allora ogni collaborazione come queste per me è sempre straordinariamente la benvenuta, perché mi dà la possibilità di amplificare delle idee.
In questo periodo sta lavorando a esperimenti o progetti sul tema della sostenibilità ambientale?
A parte l’attività di laboratorio, al momento ciò che prende la maggior parte del mio tempo è cercare di far capire – soprattutto ai nostri governanti, ma a chiunque abbia capacità decisionale – che noi dovremmo piantare nel pianeta mille miliardi di alberi per rispondere al problema del riscaldamento globale. Non è sufficiente per risolverlo, ma per guadagnare una settantina d’anni, che al momento ci servirebbero tantissimo. Non stiamo percependo cosa accade nel pianeta: il pianeta sta avendo una trasformazione esponenziale, avremo dei risultati catastrofici se non capiremo che rapidamente dobbiamo fare qualcosa di fondamentale, come piantare questi mille miliardi di alberi.